La parola “cattivo” deriva dal latino captivus, ovvero prigioniero. Non esprime un giudizio in realtà, come crediamo, ma una condizione. Conviene fermarci e farsi una domanda: com’è avvenuta la trasformazione di questa parola? Presuppone che chi compie azioni malvage non possa farlo in libertà. Certo, può (possiamo) trarre insegnamento dalle sue esperienze ma in fondo e’ ancora immaturo, non ha libero arbitrio e può solo reagire automaticamente secondo schemi mentali derivati dalla sua storia personale, familiare, culturale. Può essere che l’azione venga compiuta in assoluta buona intenzione.
Persino la parola “cattivo” non e’ giudicante. Penso che sia estremamente difficile astenersi dal giudizio, sia verso l’altro ma anche e sopratutto verso se stessi. Forse, proprio come implicito nella parola “cattivo”, astenersi dal giudizio e’ un passo verso la libertà. Il difficile sta tutto nel capire come non ricadere, ed il rischio c’è’ eccome, nel moralismo. Forse la risposta si chiama Amore?
Luci 😉
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