Eccoci con la seconda parte del post sulle carezze. Spero di aver lasciato tempo sufficiente per iniziare ad osservare ed osservarsi nella propria modalità di ricevere e dispensare carezze.
Oggi aggiungerò qualche breve dettaglio fondamentale.
Le carezze psicologiche possono essere di vario tipo:
Ci sono le così dette carezze positive e quelle negative.
Un sorriso, un “ti voglio bene”, uno sguardo o frasi tipo “che bel vestito” … sono esempi di carezze positive.
Frasi o atteggiamenti del tipo “non mi piaci”, “non va bene questo tuo atteggiamento” … rappresentano carezze negative.
Le carezze possono essere verbali o non verbali (quelle espresse attraverso le espressioni, la mimica e la gestualità).
Possono essere carezze condizionate (condizionate cioè a con ciò che la persona fa. Per es: “mi piace il tuo disegno”) e carezze incondizionate (hanno a che fare con ciò che la persona è. Un esempio classico è: “mi piaci così come sei”).
Poi ci sono le carezze di plastica che sono rappresentate da parole, atteggiamenti ecc non autentiche.
Ogni persona cerca, spesso inconsapevolmente, di ottenere carezze. Anche se le carezze psicologiche sono facili da dare e da “prendere”, in realtà non ne “circolano a sufficienza” e quindi, come accennato nella parte prima del post, tendiamo a farne economia.
Secondo Steiner, l’economia delle carezze è dovuta a 5 regole restrittive che vengono tramandate di generazione in generazione.
Ecco le 5 regole. Per ognuna il suggerimento è quello di restarci un po’ su e cercarle mentalmente nella propria quotidianità per ascoltare l’effetto emotivo che comportano:
1 – ‘Non dare carezze quando ne hai da dare’:
questa regola porta la persona a trattenere i propri riconoscimenti nei confronti degli altri per timore di essere derisi o rifiutati.
2 – ‘Non chiedere carezze quando ne hai bisogno’:
questo crea un vuoto di riconoscimento dentro se stessi.
3 – ‘Non accettare carezze se le vuoi’:
questa regola porta la persona a rifiutare riconoscimenti e complimenti svalutando se stesso ed il valore di ciò che gli viene detto.
4 – ‘Non rifiutare carezze se non le vuoi’:
può accadere che, anche quando non le vuole, la persona si senta “costretta” ad accettare carezze negative o di plastica.
5 – ‘Non dare carezze a te stesso’.
Sentirsi liberi di scegliere se accogliere o meno sia le carezze che ci vengono date sia quelle che diamo ha un effetto positivo sul proprio benessere generale.
Riassumendo:
per scegliere in maniera sana le carezze e migliorare la propria autostima/benessere è necessario imparare a:
– Dare le carezze che voglio dare agli altri senza sentirmi giudicato o in obbligo.
– Chiedere carezze di cui sento il bisogno: non è vero che le carezze richieste hanno meno valore di quelle spontanee, anzi valorizzano il nostro essere adulti consapevoli, in ascolto e consci che le carezze richieste potrebbero anche non essere soddisfatte.
– Accettare le carezze che mi vengono fatte: soprattutto quelle positive sul proprio ‘essere’.
– Rifiutare le carezze che non desidero: soprattutto quelle negative che non portano ad alcuna crescita e spesso fanno male.
– Darsi carezze positive: cioè essere capaci di darsi sia carezze interne sia carezze esterne come fonte di riconoscimento delle proprie capacità e qualità.
Scambiare carezze psicologiche è sano! aumenta il rilascio di endorfine e ci fa sentire bene.
La vita è uno scambio di stimoli: buone carezze desiderate a tutti ?
Francesca :•)
– per approfondire:
E. Berne e C. Steiner
C. Steiner – ” La favola dei caldomorbidi”
G. Magrograssi – ” Le carezze come nutrimento”
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